NIKI APRILE GATTI, GIUSTINO PARISSE……E LA LETTERA AI FIGLI

“Sii paziente verso tutto ciò che è irrisolto nel tuo cuore e …

cerca di amare le domande, che sono simili a
stanze chiuse a chiave e a libri scritti in una lingua straniera.
Non cercare ora le risposte che non possono esserti date
poiché non saresti capace di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa. Vivi le domande ora.
Forse ti sarà dato, senza che tu te ne accorga, di vivere fino al lontano
giorno in cui avrai la risposta.”

Rainer Maria Rilke

 

figligiustinoMaria Paola Parisse (10/05/1993) e Domenico Parisse  (07/08/1991)

morti entrambi la notte del 06 aprile 2009 nella loro casa ad Onna….

Oggi sul Centro la lettera del padre….

Ciao ragazzi,

eccomi di nuovo qui. Vi scrivo in una sera d’aprile.

Il sole è già sceso da un pezzo.Il buio è rotto dalle luci fioche che spuntano rade sul vuoto del nostro paese distrutto: Onna. Dal nuovo villaggio le voci non arrivano, si ode solo il rintocco della campana che batte le ore di una giornata che si spegne come una candela a corto di cera.Solo l’abbaiare dei cani mi dice che fuori la vita continua.

Comunque.

Sono cinque anni che non ci siete piu’.Sono cinque anni che muoio ogni mattina pensando  ai vostri volti sorridenti, alla vostra voglia di vivere, ai sogni perduti.Sono rimasti solo i miei,di sogni, quando in quelle poche ore che riesco ad assopirmi, frecce di fuoco mi colpiscono all’improvviso. L’abbraccio forte forte finisce sempre con l’incubo del risveglio.

Cinque anni, un’eternità lunga 23 maledetti secondi. L’ultimo ricordo:quel grido disperato perduto nella notte che spezzò l’anima e il cuore di chi fu condannato a restare. Ho tante cose da raccontarvi. Eppure stavolta faccio fatica. Mi sento come quelle mosche fastidiose che vi giravano attorno quando al mattino la camera da letto si inondava di luce e voi volevate restare ancora un pò a crogiolarvi fra le coperte, a immaginare una giornata  a correre fra i prati, inseguire un cagnolino, rotolarvi fra l’erba, montare in bicicletta, dissetarvi alla fontana e poi tornare a casa, sedere a tavola con mamma e papà, condividere il pasto, organizzare il futuro. Le piccole cose che fanno la felicità di una famiglia normale. Però la realtà avanza sempre, a volte ci schiaccia, si impone. 

Onna è ancora lì. Muta, svanita, spettrale.Negli angoli piu’ nascosti la natura si contorce, scalpita, non s’arrende. Dove c’erano le case sono spuntati salici, acacie, pioppo, fiori di ogni genere.La gente attende ancora che nascano cantieri. Anche quest’anno temo che non ce ne saranno. Da lontano si scorge una sola gru. E’ quella dell’impresa che sta ricostruendo la nostra bella chiesa con i soldi che sono arrivati dalla Germania. Sta rinascendo pietra su pietra e sono proprio loro, le pietre, che ci raccontano la lunga storia del borgo in cui avete avuto la sventura di nascere.  Era il paradiso, e si è trasformato in inferno. Era luogo di colori ma la mattina del 6 Aprile 2009  restava solo un grigio polveroso punteggiato da cromatismi confusi, segno di esistenze esplose, dissolte, impotenti.

Il piccolo tempio, dove il giorno prima eravate stati a messa per ricevere il ramoscello d’ulivo, ci racconta i secoli. Fra le mura sventrate sono spuntati gli affreschi. A pezzi. Ce n’è uno solo che ancora testimonia la fede di chi c’era già nel XIII secolo: una crocifissione.Chissà, forse un segno che ci ammonisce che la Croce è IL DESTINO DI OGNUNO DI NOI AL QUALE NON SI SFUGGE.

Ma ci sono anche tracce di gioia e fertilità. Sono scolpite in una colonnina. alta non piu’ di mezzo metro e larga pochi centimetri.C’è l’uccellino posato su un  tralcio di vite da cui pendono gustosi grappoli d’uva. Chi sa leggere il passato la fa risalire addirittura all’anno  Mille o poco piu’ quando Onna era ancora circondata da una vasta palude alimentata, nel corso delle stagioni, dal fiume Aterno che si aggirava nella valle senza freni. Quell’uccellino mi ricorda il cinguettio soave  di quella mattina d’ Aprile di 5 anni fa.Quel suono galleggiava nell’aria posandosi poi sulle macerie delle vostre vite. Nel nuovo edificio sacro ci sarà una cappella nella quale una piccola lampada ricorderà per sempre il dolore della notte che ha cambiato la storia di questo angolino d’Abruzzo. E che ci ha tolto Voi. 

Con mamma siamo sempre nella casetta che abbiamo ricostruito con dentro la nostra biblioteca e tante vostre immagini che ci fanno compagnia. Il frutteto della memoria cresce. La statua della Madonna di Lourdes di cui vi avevo parlato lo scorso anno è in uno spiazzo verde, illuminata anche di notte. La nostra vita continua nonostante tutto. Gli affanni della giornata finiscono sempre in serate malinconiche affogate nella lettura di un libro o, massimo del divertimento. in un cruciverba. Tutto in attesa di un sonno che non arriva mai. Di notti più temute dei giorni. Di risvegli, si fa per dire, senza tempo, senza futuro. Chissà, magari vorreste sapere se quel piccolo mondo che avete conosciuto sta risorgendo. Certo girando un pò per il centro storico dell’Aquila di cantieri se ne vedono. Ma c’è una strana sensazione che mi prende ogni volta. Forse mi sbaglio. Ma è come se, chi in quell’ora tragica ha perso tutto, continua a  non avere nulla, anche se il cemento ricompone gli edifici piegati. Vedo case ricostruite, gente che addirittura festeggia il rientro, come se si trattasse di un matrimonio o di un compleanno. E poi discussioni, liti, ricorsi giudiziari. Una corsa folle verso il niente di una città che continua a guardare all’oggi e ai piccoli affarucci del momento, dimentica il passato, evita di pensare al domani. Ma il quadro non è sempre così nero.I vostri amici ci danno segni continui che vi tengono sempre in un angolino del cuore. Sai, Maria Paola, quest’anno la scuola che frequentavi, il liceo linguistico, ti ha intitolato un’aula. Certo, forse adesso sorriderai, mai avresti pensato che il tuo nome potesse finire su una targa-ricordo. In quella scuola ci andavi con l’obiettivo di uscirne un giorno con gli strumenti giusti per affrontare la vita. E invece tutto ti è stato negato. Tutto ti abbiamo negato e tu sei andata via dopo quell’ultima carezza che tuo padre, che a volte si sente un pò Giuda, ti diede prima di un giorno che non ci sarebbe piu’ stato.

Sai Domenico, qui all’esterno della nuova casetta, c’è sempre tanto da fare: piantare fiori ed alberi, potare, irrigare, zappare-si anche zappare.Ora con l’arrivo della primavera l’erba cresce a vista d’occhio ed è una “battaglia” tenerla a freno. A volte penso che quel lavoro, che serve anche ad ingannare il cervello, sarebbe stata una gioia se ci fossi stato tu a darmi una mano. Ricordi quando mettevamo a posto la legna o raccoglievamo le mele da quell’albero del giardino che ne faceva a quintali tanto da piegare i rami fino al suolo. E poi fermarsi un attimo seduti a terra, sotto l’ombra del tiglio, a ridere di noi, fingere la lotta e stringerci un pò in attesa del pranzo che mamma stava preparando. Quel tiglio oggi lo ricordo perchè fu lì sotto che la mattina del 6 Aprile, poggiato su una sedia, affogai nelle lacrime e nella disperazione.

Sono passati 5 anni. Nè all’Aquila, nè a Onna, nè altrove, c’è un posto degno per ricordare Voi, nonno,e tutti coloro che hanno condiviso la vostra sorte. Ormai ho capito che chi non ha conosciuto i vostri e tutti gli altri volti, vuole dimenticarvi in fretta. State sicuri di una cosa. Io non vi dimentico. Anche perchè sarebbe impossibile. Non ci siete ma so che mi girate sempre intorno. Come a volte facevi tu, Maria Paola, quando entravi in biblioteca e mi trovavi seduto davanti al computer . “Papà, ma che stai a scrivè” dicevi, facendomi capire che mi dovevo alzare perchè il computer ti serviva. Oggi scrivo di te, di Voi.Inchiodato su una sedia con il cielo che ormai si è fatto di stelle. Sai quanto vorrei alzarmi e lasciarvi il mio posto. Ma è solo un altro sogno destinato a diventare incubo.

Ciao ragazzi, prepariamoci a un altro anno. E non vi allontanate troppo. Insieme avremo meno paura del buio e della notte infinita. 

Papà

centrooggi

“Per cancellare una vita ci vuole un attimo,
per cancellare un attimo ci vuole una vita”

Ogni anno pubblico la lettera di Giustino perchè esprime in modo perfetto quello che  proviamo noi genitori amputati, mutilati….del bene piu’ prezioso…i figli…

Abbiamo avuto entrambi un terremoto…che ha spazzato via per sempre i nostri figli e le nostre esistenze……

I giorni inesorabilmente passano, trascorrono le ore , ma  tuo figlio non
torna …. E ti manca la sua voce nelle orecchie, e ti manca il suo
travolgente umorismo, e ti mancano i suoi occhi e ti mancano i
suoi baci, e ti mancano le sue telefonate, e ti manca chattare con
lui, ti mancano le sue faccette e i suoi cuoricini,e ti manca l’angolo
sul divano delle lunghe interminabili chiacchierate fino a notte
fonda, e ti manca il rumore delle sue dita sulla tastiera del
computer, anche in piena notte…e questo è il Dolore, quello che
nessuno potrà toglierti mai piu’ , quello che nessuno può
comprendere (se non un’altra mamma che come te ha perso la luce
dei suoi occhi, che come te ha sepolto se stessa insieme a suo
figlio), quello che ti strazia giorno e notte, quello che ti fa crollare
davanti a una luna…,davanti a qualunque cosa  che lui non potrà mai
vedere ….
E continui a ripetere: Perché??? Perché???

Vedete questo Film….è molto importante…..

 


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7 pensieri su “NIKI APRILE GATTI, GIUSTINO PARISSE……E LA LETTERA AI FIGLI

  1. Ornella Autore articolo

    Niki

    amore mio ….io vorrei tornare a fare le nostre battaglie in giardino con le pigne!!!
    ….quanto mi mancano!!!!

    Ti Amo Shalom
    Mammapersempre

    Rispondi
    1. upupa

      Perchè????????????
      Perchè l’uomo è naturalmente “cattivo”,perfido nei suoi miseri interessi personali,e spietato cacciatore d’anime.
      Ed è tanto “cattivo” da tentare con tutte le forze anche di dimenticare!!!!!!!!! Non dimentica mai, invece, chi è stato privato del bene più prezioso, chi trascorre le notti nell’etero dolorosissimo ricordo , chi ha come compagno quotidiano il dolore.

  2. Alessia Bove

    Dolore senza fine…
    Maria Paola e Domenico nel cuore…
    Le altre 307 vittime del terremoto de L’Aquila nel cuore……
    Niki nel cuore…

    Rispondi
  3. COMITATO VERITA' E GIUSTIZIA PER NIKI

    NOI SIAMO IN ATTESA DELLA RISPOSTA
    ALL’INTERROGAZIONE PARLAMENTARE

    VERITA’ E GIUSTIZIA PER NIKI

    Rispondi
    1. Andreina Ghionna

      Quanto amore, quanto dolore e quanta dolcezza c’è nelle parole di chi perde un figlio…quale genitore immaginerebbe mai di vedere il nome dei figli su una targa ricordo, o chi immaginerebbe mai di costituire una onlus in nome del figlio? Nessuno, nessuno di noi genitori fortunati lo immaginerebbe, così come non l’avreste mai immaginatovoi, genitori orfani di figli. E’ per questo che un pezzetto di dolore vostro diventa nostro, perchè c’è stato un tempo che avevamo gli stessi sogni per i nostri figli, e noi non dimentichiamo.
      Un abbraccio forte, forte a tutti.
      E mi associo alle parole del comitato.

  4. Alessandro

    Sono un padre orfano di un figlio da due anni.Comprendo ogni singolo pensiero che scrivete voi tutti che come me dovete continuare a vivere nonostante tutto

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