Archivio mensile:Marzo 2017

NIKI APRILE GATTI, ADAMO BOVE E LA STORIA IN UN ATTO ISPETTIVO

Mi hanno sepolto,
ma quello che non sapevano, è che io sono un seme.

 

Per un figlio che muore si versano milioni di lacrime, si alzano i pugni chiusi verso il cielo, si può anche bestemmiare, ce la si può prendere con Dio come ho fatto io, ma è tutto inutile, non serve a niente di niente, con Dio non si conversa, ma con i Tribunali almeno si “dovrebbe” invece…

Noi restiamo in attesa che si riapra il fascicolo di Niki e i mille interrogativi vengano chiariti…….siamo in attesa della…GIUSTIZIA!!!

Riportiamo  l’Atto di Sindacato Ispettivo del 19 Maggio 2010 dell’On. Elio Lannutti  che potete trovare sul sito del Senato (http://www.senato.it/ric/generale/risultati.do) insieme agli altri documenti…e non hanno MAI dato risposta…TROPPO IMPEGNATI ad altro..

 

Risultati 15 su 5 per Niki Aprile Gatti

 

Elio LANNUTTI
Legislatura 16
Atto di
Sindacato Ispettivo n° 4-
03187
Atto n. 4-03187
Pubblicato il 19 maggio 2010
Seduta n. 383
LANNUTTI – Al Ministro della giustizia. –

Premesso che, per quanto risulta
all’interrogante:
si apprende da notizie di stampa
che il giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Firenze
ha deciso di archiviare l’indagine
sulla morte di Niki Aprile Gatti
avvenuta in carcere mentre era detenuto in seguito all’inchiesta
per truffa telefonica e frode informatica denominata Premium;
Gatti viveva a San Marino dove lavorava come informatico per il
gruppo di aziende oggetto dell’inchiesta del magistrato fiorentino
Paolo Canessa che vede incriminate la Oscorp SpA, Orange, OT&T
e TMS, tutte residenti a San Marino, la Fly Net di Piero Mancini,
Presidente dell’Arezzo Calcio, più altre società con sede a Londra;
il 19 giugno 2008 Gatti riceve la telefonata della madre del
titolare/socio dell’azienda per cui lavora: lo informa che il figlio è
stato arrestato e lo invita a recarsi dall’avvocato aziendale, Franco
Marcolini, per avere spiegazioni. Gatti non ha ragioni per temere
nulla e si reca dal legale dell’azienda. All’uscita, alle ore 14:30,
viene tratto in arresto con l’accusa di frode informatica;
Gatti non viene trasferito al carcere di Rimini così come avviene
per gli altri 17 arrestati, ma, solo fra tutti, presso quello di massima
sicurezza di Sollicciano (Firenze). A differenza degli altri imputati
non si avvale della facoltà di non rispondere, ma cerca di aiutare i
magistrati nella ricerca di possibili informazioni;
al termine dell’interrogatorio di garanzia Gatti è l’unico tra gli
indagati ad aver collaborato ed è anche l’unico al quale viene
confermata la custodia cautelare in carcere mentre per i
“silenziosi” scatta il privilegio degli arresti domiciliari;
poche ore più tardi, nella mattinata di martedì 24 giugno 2008, Niki
Aprile Gatti viene trovato impiccato ad una corda ricavata da
strisce di jeans e lacci di scarpe nel bagno della cella 10 della IV
sezione;
le autorità inquirenti sin dai primi istanti hanno affermato che si
trattasse di suicidio e questo è ciò che ha certificato il giudice per
le indagini preliminari di Firenze, lasciando irrisolti decine di dubbi e
questioni fondanti;
considerato che:
resta senza motivazioni la scelta di condurre un incensurato, Niki
Gatti, di 26 anni, accusato di un reato lieve (frode informatica),
solo tra tutti gli altri arrestati, in un carcere di massima sicurezza,
né appare comprensibile la mancata concessione allo stesso degli
arresti domiciliari, riconosciuti invece in casi analoghi. Ad esempio,
beneficia, da oggi, di tale misura, sebbene a seguito di un periodo
di 80 di permanenza in carcere, Silvio Scaglia, l’ex amministratore
delegato di Fastweb, il quale era rientrato spontaneamente
dall’estero e si era presentato ai giudici, come Gatti;
Scaglia era stato arrestato perché ritenuto coinvolto nell’inchiesta
su un presunto maxi riciclaggio di due miliardi di euro. L’accusa che
grava sulla sua testa è quella di associazione a delinquere
finalizzata alla frode fiscale;
non si hanno chiare spiegazioni sul perché alla madre di Niki Gatti
fu riferito della sua detenzione presso il carcere di Rimini nel quale,
invece, non vi mise in realtà mai piede;
rimane poco chiara la questione della presunta telefonata di rito
che Gatti avrebbe fatto a sua madre dal carcere ma che in realtà
non venne mai ricevuta;
non si comprende sulla base di quali informazioni le agenzie di
stampa uscite immediatamente dopo gli arresti definivano Aprile
Gatti titolare della Oscorp (come a volerne accentuare la presunta
colpevolezza), quando in realtà questi deteneva appena il 9 per
cento del pacchetto azionario;
la Procura di Firenze non spiega come sia stato possibile che alle
ore 20:58 del 20 giugno 2008 venisse recapitato a Gatti (che allora
si trovava in carcere) un telegramma proveniente dalla sua stessa
abitazione (che per logica avrebbe dovuto essere sotto sequestro)
che gli ordinava di nominare un nuovo avvocato;
30 giorni dopo l’arresto, l’appartamento di Gatti a San Marino viene

completamente svaligiato. La Procura di San Marino dopo diversi
mesi archivia la denuncia di furto attribuendo ogni responsabilità
dell’espoliazione all’ex ragazza dell’imputato. Eppure non si hanno
tracce del personal computer di Niki Gatti, così come non
emergono ragioni valide a dimostrare come ciò sia potuto avvenire
nella casa di un ragazzo indagato per truffa e successivamente
ritrovato morto;

il verbale del carcere attesta un sereno dialogo tra Niki Gatti ed un
agente (non meglio identificato) alle ore 10 del 24 giugno, stessa
ora e data in cui la perizia data la morte di Gatti;
continua a destare sospetti di non poco conto il fatto che la morte
sia avvenuta durante o subito dopo l’ora d’aria in cui c’è piena
libertà di movimento nel carcere. Così come desta dubbi la
misteriosa sparizione della prima richiesta di opposizione
all’archiviazione presentata da Ornella Gemini, madre di Niki Aprile
Gatti. Le testimonianze dei suoi due compagni di cella,
fondamentali nel confermare il suicidio, non collimano;
non trova risposta il dubbio sul fatto che lacci di scarpe e strisce
di tessuto jeans possano sorreggere il peso di un uomo di 92
chilogrammi, così come non la trova la questione sulla legittima
presenza di lacci di scarpe in un carcere di massima sicurezza o la
capacità per un detenuto di creare a mano strisce di tessuto
jeans;
considerato inoltre che:
la vicenda Telecom Sparkle-Fastweb è stata il più grande scandalo
economico e politico degli ultimi tempi configurandosi da subito
come una truffa dal respiro internazionale costruita attorno alle
regole degli inganni e degli insabbiamenti di un tempo, viva
espressione di questa imperitura liaison dangereuse che unisce in
una sorta di gioco perverso mafia, politica, compagnie telefoniche
internazionali (Telecom e Fastweb), neofascisti legati all’alta
finanza e alla criminalità organizzata, ufficiali delle Forze dell’ordine
e alcuni commercialisti di fiducia;
la questione ruota attorno ad una serie di innumerevoli e
giganteschi flussi di denaro che appaiono e scompaiono tra San
Marino e Londra, Hong Kong e isole Cayman, per poi affluire come
un torrente in piena in conti ben coperti nelle filiali degli istituti di
credito italiani;
è proprio l’asse San Marino-Londra a spuntare in occasione di altre
truffe telefoniche italo-europee: Phuncards-Broker, Eutelia e
l’inchiesta “Premium”;
“Premium” è una vicenda ancora oscura legata alle compagnie
telefoniche come il centro di spionaggio di Telecom Italia, il suicidio di Adamo Bove, lo scandalo Telecom Sparkle-Fastweb;

nel 2006 Adamo Bove, 42 anni, ex poliziotto e responsabile della
security governance di Telecom Italia parcheggiava l’auto a lato
della strada e si gettava dal cavalcavia di via Cilea, nel quartiere
del Vomero a Napoli morendo sul colpo;
da quanto si è appreso, all’epoca il dirigente era indagato per
violazione della privacy per aver “spiato” alcune persone
attraverso una rete informatica e, secondo alcune indiscrezioni, il
suo nome sarebbe anche emerso nel corso degli accertamenti
legati all’inchiesta romana sul “Laziogate”;
dal 1995 al 1998 aveva svolto la sua carriera nelle Forze
dell’ordine, ricoprendo il ruolo di commissario capo nella Polizia. Dal
novembre del 1998 fino a febbraio 2000 aveva lavorato nella
direzione generale di Telecom Italia, con incarichi di security
management a livello nazionale. Dopo la fusione Tim-Telecom,
nell’autunno 2005, era diventato responsabile della security
governance, nell’ambito dell’Unità di servizio security, occupandosi
principalmente degli aspetti legati alla protezione civile e
dell’antifrode;
in seguito alla vicenda gli inquirenti aprirono un fascicolo per
istigazione al suicidio, ma nel 2008 l’inchiesta caso del dirigente
della security governance di Telecom viene chiusa in quanto
secondo il pubblico ministero di Napoli non vi era alcuna evidenza
probatoria a sostegno della tesi che Bove fosse stato gettato da
altri soggetti dal cavalcavia né che fosse stato istigato al suicidio,
si chiede di sapere:
considerati i numerosi dubbi che, nei quasi due anni dalla
scomparsa di Niki Aprile Gatti, non hanno ancora trovato chiare
risposte, quali urgenti iniziative il Ministro in indirizzo intenda
assumere al fine di fare piena luce sulla morte di un giovane
informatico incensurato, arrestato dopo essersi costituito e aver
chiesto di testimoniare nell‘inchiesta Premium;
se non ritenga necessario, per quanto di sua competenza,
adottare le opportune iniziative al fine di verificare la possibilità
che vi possa essere un filo conduttore tra la vicenda “Premium”,
il centro di spionaggio di Telecom Italia, la morte di Niki Aprile
Gatti e di Adamo Bove e lo scandalo Telecom Sparkle-
Fastweb.

Provate anche solo per un attimo a mettervi nei miei panni…sono trascorsi 9 lunghissimi interminabili anni


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